Situata lungo un antico decumano di epoca romana, l’Azienda Agricola Raimondi è immersa in una delle più pittoresche e tipiche aree rurali del territorio di Nonantola.

 Essa nasce negli anni ’60 grazie all’intraprendenza di Vilio, prosecutore della tradizionale attività di viticoltura della famiglia Raimondi. Esperto conoscitore di vitigni e uve, ci ha tramandato la sua autentica passione e profonda conoscenza nella produzione di prodotti vitivinicoli, dalla coltivazione delle viti ai segreti dei processi di vinificazione ed acetificazione. L’Azienda, da decenni produttrice di Lambrusco di Sorbara D.O.C. e Trebbiano di Spagna, è inoltre proprietaria di una piccola acetaia il cui uso era inizialmente famigliare. La passione per questa tradizione locale continua nel tempo con la produzione di “Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P.”, a cui  abbiamo affiancato una linea di condimenti alimentari. Abbiamo il piacere di ospitarvi nella nostra azienda per degustare e riscoprire gli antichi e genuini sapori dei prodotti della nostra generosa terra, in un ambiente contadino e accogliente.

Quello che oggi si è affermato come Aceto Balsamico Tradizionale deriva da una storia millenaria, iniziata presumibilmente in epoca romana nel Primo Secolo D.C. e giunta fino ai nostri giorni. La sua esistenza è dovuta alla concomitanza di particolari caratteristiche geoclimatiche e storiche del territorio dell’ex Ducato Estense che hanno plasmato la vita e le abitudini dei suoi abitanti. La grande produttività viticola della zona era ben conosciuta già al tempo dei Romani, che cuocevano i mosti trasformandoli in uno sciroppo molto denso e dolce, chiamato sapa in latino (da cui saba), che veniva conservato a lungo e consumato gradualmente, rivestendo quindi una notevole importanza sia strategico-militare che economica. Riferimenti a tale bevanda si possono ritrovare in vari autori latini, tra cui Cicerone, Plinio e Virgilio. In particolare, nel primo secolo D.C. Columella descriveva un particolare fenomeno che caratterizzava i mosti della zona che, anche dopo la cottura, tendevano nonostante tutto a fermentare ed acetificare (…solet acescere…).

Dopo l’epoca romana, le prime fonti scritte riguardanti questo antico e prezioso condimento risalgono al periodo medievale. Infatti, il monaco Donizone racconta che già nell’anno 1046 d.C. il Re Enrico II di Franconia manifestava grande apprezzamento per l’aceto del Marchese di Canossa. Il medico naturalista Antonio Vallisnieri, nel Settecento, scrive che alla corte Estense di Obizzo II, nel 1228, venivano conservate numerose botti di aceto. In epoca rinascimentale, fonti frammentarie riportano di una curiosa classificazione di aceti per differenti destinazioni d’uso nel Registro Ducale Estense del 1556. Al 1747 risale invece la prima annotazione documentata dell’aggettivo “balsamico” associato all’aceto dei registri della corte Estense. Sembra inoltre che tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento si affermi definitivamente nel territorio emiliano il metodo del “rincalzo”.

Considerato come parte effettiva del patrimonio famigliare, l’Aceto Balsamico Tradizionale veniva citato nei lasciti testamentari e rappresentava una dote prestigiosa per le giovani spose di aristocratiche origini. Gelosamente conservato nei sottotetto e amorevolmente curato di generazione in generazione, era considerato una sorta di panacea dai principi medicamentosi in grado di curare tutti i mali. Era un regalo degno di “Re e Principi” e fu così che già dal Rinascimento il Balsamico delle Acetaie Estensi era rinomato ai più alti livelli delle aristocrazie europee. Non a caso nel 1792 un’ampolla di “Balsamico” fu il dono del Duca Ercole III a Francesco I d’Austria in occasione della sua incoronazione ad Imperatore. Nel 1859 re Vittorio Emanuele II e Camillo Benso Conte di Cavour vennero in visita alle acetaie del Duca di Modena.

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SalvaL’uso dal punto di vista gastronomico è testimoniato ancor oggi da ricette tramandate e consuetudini gelosamente conservate fra i segreti di famiglia. Quando poi nel 1863, per la prima volta, anche la scienza ufficiale si è interessata al nobile prodotto, le moderne analisi del Prof. Fausto Sestini evidenziavano nella sua pubblicazione “Sopra gli Aceti Balsamici del Modenese” le enormi differenze esistenti fra il Balsamico della tradizione e qualunque altro tipo di aceto.
Nel 1839 Il conte Giorgio Gallesio restò ammaliato dalle caratteristiche del Balsamico e ne descrisse le procedure di produzione nelle antiche acetaie del Conte Salimbeni, così come l’Avv. Aggazzotti, nel 1861, spiegava nelle sue lettere all’Amico Fabriani le antiche e segrete procedure della sua famiglia. Dal 1967 una associazione di appassionati e cultori del prezioso aceto, la “Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena”, con un lavoro intenso e costante di promozione, è stata determinante per la divulgazione del prodotto e per la sua selezione qualitativa. L’Aceto Balsamico Tradizionale è quindi uscito dai segreti delle soffitte e dalle gelosie “di Corte”, rivolgendosi al mondo come massimo rappresentante di storia, cultura e tradizione gastronomica degli antichi territori del Ducato Estense, le attuali Province di Modena e Reggio Emilia. Ancora oggi l’Aceto Balsamico Tradizionale, rispettivamente di Modena o di Reggio Emilia, è l’orgoglio delle due città.

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